Discussione:
la "rete"
(troppo vecchio per rispondere)
Mamo (R)
2005-10-24 14:07:22 UTC
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Mi sarei aspettato che qualcun altro intervenisse con qualche commento su
http://www.feltrinelli.it/FattiLibriInterna?id_fatto=5666.
Non lo ha fatto nessuno, lo propongo.





Saluti, Mamo.
--
Conoscere i corretti comportamenti da tenere,
è il miglior modo per frequentare i newsgroup.
Inizia a leggere qualcosa: http://wiki.news.nic.it/AiutoComposizione
Draco Roboter
2005-10-24 15:00:34 UTC
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Post by Mamo (R)
Mi sarei aspettato che qualcun altro intervenisse con qualche commento su
http://www.feltrinelli.it/FattiLibriInterna?id_fatto=5666.
Non lo ha fatto nessuno, lo propongo.
<<World Summit sulla società dell´informazione, che si terrà a
Tunisi per iniziativa delle Nazioni Unite. Si è proposto, infatti, che
lì venga approvata una Carta dei diritti per la Rete, che parta dalla
constatazione che Internet sta realizzando una nuova, grande
ridistribuzione del potere. [..] libertà di accesso, libertà di
utilizzazione, diritto alla conoscenza, rispetto della privacy,
riconoscimento di nuovi beni comuni.>>

Parto da un esempio che conosco: wikipedia in questo momento non e'
visibile dagli utenti cinesi (i suoi contenuti evidentemente non sono
in linea con le volonta' del governo).

Avere una regolamentazione internazionale probabilmente avrebbe la
stessa efficacia della dichiarazione dei diritti dell'uomo: altissima
da un punto di vista morale, ma con applicazione nulla dove davvero
servirebbe.

Il rischio, inoltre, e' che le corporazioni del software approfittino
del varco per imporre regole che sono ritenute sbagliate dalla cultura
"open". Il rischio, a quanto mi hanno detto persone che stanno per
andare al WSIS, non e' solo teorico e delegazioni del FSF et simila
saranno presenti per tentare di evitare il peggio.


Ciao R.
adamski
2005-10-24 17:34:46 UTC
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Post by Mamo (R)
Mi sarei aspettato che qualcun altro intervenisse con qualche commento su
http://www.feltrinelli.it/FattiLibriInterna?id_fatto=5666.
Non lo ha fatto nessuno, lo propongo.
Sinceramente mi stupiscono sempre un po' la meraviglia e l'indignazione che
suscitano i tentativi (riusciti o meno) di controllo dell'informazione in
rete.

Una delle strategie (uno degli obbiettivi) della conservazione del potere,
e non marginale, è il controllo e la censura delle informazioni.
All'inizio, quando questa informazione riguardava fondamentalmente un
elite, era naturale che il potere se ne disinteressasse (non era
economicamente producente - in termini di mantenimento dello status quo -
fare il contrario). Ma ora che la rete è diventata a far parte dei mezzi di
comunicazioni di massa (e tra questi mi pare quello destinato a prevalere,
per la sua versatilità e la sua scalabilità), non c'è motivo di credere che
essa debba far eccezione.

Nel corso degli anni internet (per lo meno la sua identificazione col web)
è stata completamente inglobata nel flusso delle merci; flusso che, è noto,
non è mai governato dagli interessi delle classi subalterne.

Io credo che si sia trattato, fondamentalmente, di un grande abbaglio; che
la libertà di circolazione delle idee e della conoscenza vada combattuta su
un piano più "fisico". Non capisco perché, ad esempio, ci si indigni per un
filtro sui contenuti delle mail e non sul filtro ben più condizionante per
l'esistenza materiale dell'umanità costituito dalle frontiere nazionali.

Questo a livello locale. A livello globale il potere ha uno strumento ben
più radicale e risolutivo per controllare l'informazione: lo chiamano
digital divide.

Sicuramente la sensazione di ubiqua onnipotenza donata dalla rete è grande,
e non sto qui certo a sottovalutare le enormi potenzialità che la pratica
del cyberspazio (anche solo in termini di "abitudine" ad occupare uno
spazio più vasto e meno definito di quello in cui siamo confinati,
socialmente e strutturalmente) presenta. Ma lo spazio sconfinato e libero
che tutti sognamo, quello sarà sempre prerogativa di un'elite. E come tale,
imho, andrà utilizzato.

Senza contare poi che, come sottolinea Draco Roboter, a una globalizzazione
delle regole non potrà che accompagnarsi (per lo meno il tentativo non
potrà non esserci) a una diffusione delle regole di pochi a favore di
quelli e a svantaggio di tutti gli altri.
--
adamski


"A te i concetti non piacciono vero?"
(Giannetto)


UFV:Written on the Wind(HV)/Djävulens öga(HV)/All That Heaven A
llows(HV)/Luce dei miei occhi(HV)/Le avventure acquatiche di St
eve Zissou(HV)/The Omega Man(HV)/La damigella d'onore/Romanzo c
riminale/I guardiani della notte/Quel mostro di suocera
Enrico C
2005-10-24 17:59:02 UTC
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Post by Mamo (R)
http://www.feltrinelli.it/FattiLibriInterna?id_fatto=5666.
Interessante...

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Stefano Rodotà: Una Costituzione per Internet
Tratto da "la Repubblica", 20 ottobre 2005
Internet ha bisogno di una Costituzione? La domanda è attuale dopo le
notizie di iniziative censorie del governo cinese, e addirittura della
cooperazione offerta da un portale americano, Yahoo!, per l´arresto di un
dissidente. Ed è una domanda che non può essere elusa con l´argomento che
ogni tentativo di imporre regole alla Rete è impossibile o non necessario.
Internet è il più grande spazio pubblico che l´umanità abbia conosciuto,
dove ogni giorno milioni di persone si scambiano messaggi, producono e
ricevono conoscenza, costruiscono partecipazione politica e sociale,
giocano, comprano e scambiano beni e servizi. Può tutto questo essere
abbandonato alle prepotenze dei regimi autoritari o alle convenienze del
mercato?
I fatti. Aveva cominciato qualche mese fa Microsoft accettando di mettere
in guardia i propri utenti cinesi dall´usare nelle loro comunicazioni
elettroniche parole come libertà, democrazia, partecipazione. Più
pesantemente, Yahoo! ha fornito le informazioni necessarie per rintracciare
una e-mail che un giornalista, Shi Tao, aveva mandato negli Stati Uniti,
riferendo un avviso del governo ai giornalisti sui pericoli della presenza
dei dissidenti nell´anniversario di piazza Tienanmen. Shi Tao è stato poi
condannato a dieci anni di prigione per diffusione di notizie ritenute
segrete. Infine, come ha ampiamente raccontato Federico Rampini su
Repubblica (26 settembre), è arrivata una legge che sottopone a stretto
controllo le comunicazioni su Internet, autorizzando solo quelle "buone",
per evitare che attraverso la Rete si diffonda un contagio democratico che
possa far crescere il peso delle organizzazioni di volontariato, consenta
mobilitazioni tra gli oltre cento milioni di navigatori cinesi e produca
così non solo dissenso, ma rivolte. Si deve concludere che Internet è per
sua natura democratico, è incompatibile con i regimi autoritari?
Quest´insieme di vicende mostra con chiarezza come non si possano
analizzare i problemi di Internet partendo dalla tradizionale
interpretazione libertaria, che vede la Rete come spazio intrinsecamente
anarchico, per sua natura insofferente d´ogni regola, capace di ristabilire
autonomamente la libertà violata. Ma, per giustificare la "delazione" del
giornalista, uno dei fondatori di Yahoo! ha dichiarato che la sua azienda
rispetta le regole del paese dove opera. Le regole, dunque, ci sono,
pesanti, e vengono rafforzate da inquietanti alleanze tra Stati e imprese,
divenendo strumenti limitativi della libertà.
Pensare a regole giuridiche di segno opposto diviene una necessità, quasi
un obbligo democratico. Ma ci si imbatte subito in ostacoli concreti,
levati in ogni campo contro i tentativi di far nascere garanzie giuridiche
adeguate alla realtà di un mondo globalizzato e di nuovi spazi senza
confini, come Internet: la sovranità degli Stati nazionali e la radicata
abitudine delle imprese transnazionali di pretendere di essere esse stesse
i produttori delle norme che le riguardano.
Non ci resta che arrenderci, o fidarci solo nelle virtù di Internet?
Guardandosi intorno, si scorgono altre possibilità. Un acuto analista,
Franco Carlini, propone una reazione sociale. Sfruttare subito le
opportunità offerte dalla stessa Rete, la sensibilità dei naviganti e le
possibilità di mobilitazione immediata, rispondendo così a tutti i messaggi
che giungano da una casella Yahoo!: "il suo messaggio viene respinto, ma
saremo lieti di leggerlo quando proverrà da un servizio di mail diverso da
Yahoo! e rispettoso dei diritti umani". In Italia lo stanno facendo
aderenti a Magistratura Democratica e l´associazione Peacelink offre una
casella di posta elettronica a chi abbandona Yahoo!. In assenza di norme di
garanzie, i cittadini sparsi nel mondo cercano di incarnare una sorta di
contropotere.
Iniziative del genere, che sfruttano ogni varco di Internet, sono state
definite "strategie da bracconiere" e, in altre situazioni, hanno prodotto
effetti significativi, com´è accaduto con il boicottaggio di imprese
transnazionali che sfruttavano il lavoro minorile, e oggi Reporters sans
frontières fornisce istruzioni per diffondere informazioni in Rete senza
farsi scoprire. Qui tutto è più difficile per l´esistenza di uno Stato
nazionale deciso a tenere una linea dura e per l´interesse di Yahoo! a
conquistare l´enorme mercato cinese. Tuttavia, se la reazione proposta
riuscisse a raggiungere una sufficiente massa critica, avrebbe sicuramente
un peso non soltanto simbolico: per questo non convince la tesi di chi
sostiene che è preferibile accettare quel che fa Yahoo! piuttosto che
abbandonare gli utenti cinesi ad un monopolio nazionale assai più
pressante. Già l´aver sollevato il problema, ad ogni modo, mette in
evidenza il rischio concreto di una "censura di mercato". Un tema, questo,
sul quale da tempo ho cercato di richiamare l´attenzione e che non può più
essere eluso, dal momento che gli usi commerciali della Rete hanno superato
quelli civili, prospettando così rivolgimenti profondi della stessa natura
di Internet.
Le possibilità di successo delle strategie dal basso crescono se hanno alle
spalle anche strategie istituzionali. Quando parlo di una Costituzione per
Internet, non penso evidentemente ad un documento simile alle costituzioni
nazionali, ma alla necessità di definire i principi che possono trasformare
in diritti le situazioni di quanti usano la Rete. E, non essendo pensabile
una assemblea costituente che proclami questi principi, è necessario
seguire sentieri diversi, cogliendo le varie opportunità via via presenti
nelle aree del mondo.
Un buon punto di partenza può essere costituito dalla Carta dei diritti
fondamentali dell´Unione europea, dove il diritto alla protezione dei dati
personali viene riconosciuto appunto come un autonomo diritto fondamentale.
Questo vuol dire andare oltre la tradizionale nozione di privacy e
considerare la tutela forte delle informazioni personali come un aspetto
ineliminabile della libertà della persona. Ricordare questo fatto è
importante, perché l´Unione europea costituisce oggi la regione del mondo
dov´è più elevata la tutela dei dati personali, e questa scelta sta
influenzando le decisioni di molti altri paesi.
Nella Conferenza mondiale sulla privacy, tenuta a Venezia nel settembre del
2000, il Garante italiano lanciò il progetto di una Convenzione
internazionale, ora ripreso dalla Conferenza mondiale appena conclusasi a
Montreux. Arrivare a questo tipo di documento richiederà certamente le
tradizionali e lunghe negoziazioni tra governi. Ma esige intanto che tutti
i soggetti coinvolti nella gestione di Internet (Stati, cittadini,
providers, produttori, imprese, autorità garanti) comincino a rafforzare e
a far rispettare le regole sovranazionali ormai contenute in molti
documenti, a sperimentare codici di autodisciplina "di nuova generazione"
(nel senso che non sono il prodotto esclusivo degli interessi di settore,
ma nascono dalla collaborazione tra questi e soggetti pubblici), a
verificare quali problemi possano essere risolti attraverso una migliore
progettazione e un miglior uso delle stesse tecnologie, contribuendo così a
definire sperimentalmente quale dovrebbe essere il campo di una futura
Convenzione.
Lungo questa strada, non dovrebbe essere perduta l´occasione che a novembre
verrà offerta dal World Summit sulla società dell´informazione, che si
terrà a Tunisi per iniziativa delle Nazioni Unite. Si è proposto, infatti,
che lì venga approvata una Carta dei diritti per la Rete, che parta dalla
constatazione che Internet sta realizzando una nuova, grande
ridistribuzione del potere. Per evitare che prevalgano le logiche censorie,
è tempo di affermare alcuni principi "costituzionali" come parte della
nuova cittadinanza planetaria: libertà di accesso, libertà di
utilizzazione, diritto alla conoscenza, rispetto della privacy,
riconoscimento di nuovi beni comuni. E a Tunisi si dovrà decidere se la
gestione tecnica di Internet dovrà passare dagli Stati Uniti alle Nazioni
Unite.
Ma l´Unione europea, che può essere il motore di questo processo ed ha
assunto una posizione coraggiosa sul tema della gestione di Internet, sta
vivendo una stagione che rischia d´essere dominata unicamente da
preoccupazioni riguardanti la sicurezza. Rampini ricorda che "le autorità
di Shangai hanno installato telecamere negli Internet café e registrano i
documenti di chi entra". E´ quel che sta accadendo anche in Europa, mentre
la Commissione di Bruxelles, soprattutto sotto la spinta della Gran
Bretagna, propone di ridisegnare in modo restrittivo il quadro normativo
riguardante le comunicazioni telefoniche e quelle attraverso la posta
elettronica e Internet, cominciando dai tempi di conservazione dei dati che
le riguardano. Il Parlamento europeo e le autorità garanti stanno reagendo,
sottolineando che siamo di fronte a diritti fondamentali, che non possono
essere compressi senza alterare i caratteri democratici delle nostre
società.
In questo conflitto prende corpo proprio la dimensione costituzionale di
Internet. E la giusta proposta di una protesta capillare contro Yahoo! deve
valere, a maggior forza, nei confronti di regole europee che vanno ben
oltre le esigenze di tutela della sicurezza.

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